Posted 02/26/2019 by Marco Minniti
9 Doigts
di F.J. Ossang
Dopo il premio per la regia al Festival di Locarno, 9 Doigts, quinto lungometreggio del francese F.J. Ossang, trova una distribuzione in sala: un lavoro dalla natura composita e ricca di fascino, tra suggestioni di genere, riflessioni di ampio respiro, riferimenti letterari e cinematografici.
9 dita di tenebra
In fuga dalla polizia, Magloire viene avvicinato da un uomo moribondo, che gli consegna una grossa somma di denaro. Catturato da una banda criminale, l’uomo viene costretto a imbarcarsi su una nave che porta un carico radioattivo, diretta verso un’”isola che non c’è” da incubo. [sinossi]
Che un’opera come 9 Doigts, quinto lungometraggio del regista F.J. Ossang, abbia trovato una (sia pur limitata) distribuzione in sala, è certo un fatto positivo. Un piccolo riconoscimento da parte della distribuzione italiana, per il regista – e musicista, scrittore e poeta – francese, dopo il Pardo d’argento per la regia a Locarno; nell’auspicio di una visibilità che vada un po’ al di là del semplice circuito festivaliero e della curiosità degli addetti ai lavori. Un risultato che, comunque, non cancella la radicalità del film di Ossang, sospeso tra suggestioni di genere e excursus metafisici, tra accelerazioni quasi pulp e riflessioni di ampio respiro, condite di riferimenti letterari e cinematografici. Un film, quello di Ossang, che inizia in media res, senza dare grossi punti di riferimento allo spettatore: un uomo in fuga, una valigia che passa di mano in mano, una banda e un imbarco su una nave. Le motivazioni dei personaggi, anche quando ci vengono spiegate, restano nebulose, indistinte come le forme che si intravedono sulla nave/vascello che trasporta i protagonisti, distorte come il volto del protagonista Magloire riflesso nell’acqua. Intuiamo che la loro missione, che ha come destinazione un’isola composta da rifiuti plastici, è solo il sintomo di un disfacimento più generale, che ha coinvolto l’intera umanità.
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