Par Luigi Abiusi
In pochi credevano, dopo il Festival di Locarno 2017, in cui vinse il Pardo d’argento per la miglior regia, che 9 Doigts (9 Dita) di F.J. Ossang si sarebbe mai visto in Italia: fosco, catramoso com’è, cargo perso in spazi problematici di non-senso. Eppure in questi giorni Ossang è in viaggio in Italia per presentare il suo film, grazie alla distribuzione congiunta di Rodaggio Film e Reading Bloom, quest’ultima già protagonista qualche mese fa della diffusione in Italia di un altro bianco e nero fortemente espressivo come Still Recording.
MA QUELLO di Ossang è un impasto di cenere e fumo, come eruttato dal centro di Nowhereland, l’isola a cui la nave sembra destinata, e diffusosi per tutto lo spazio del film, sotto forma di cirrostrati di pece che gorgogliano di musica elettronica, di noise, con venature industrial. E si mischia, questo bianco e nero, con il grigio di lamiera, di metallo bisunto del bastimento, per coprire irrimediabilmente il cielo e la pupilla lunare che prima era spalancata a scrutare, sonnambula, l’intrigo del noir che si snoda, anzi si decostruisce nell’intrico delle cabine.
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